Nel ricordare questo evento, l’alluvione maggiore degli ultimi anni nel nostro territorio, ci affidiamo alla memoria di alcuni volontari che erano già sul posto al momento della rottura arginale. Un paio di squadre erano a disposizione, coordinate dai volontari che erano nelle sale operative comunali e provinciali. Abbiamo raccolto solo la visione di un singolo, ma rappresenta ciò che , uniti a tutti i ricordi di decine e decine di volontari che sono intervenuti dopo la rottura dell’argine, potrebbero riempire le pagine di un libro.
Stavo cenando con i miei parenti per la Vigilia di Natale quando è suonato il telefono. Il Serchio stava salendo per la seconda ondata di piena in pochi giorni ed erano richiesti volontari per monitorare alcuni punti lungo le arginature del fiume. Salutai i miei familiari, mi misi la divisa e mi recai in sede.
Una piena come tante, da tenere sotto controllo. Le sale operative aperte, i Volontari in giro a controllare gli argini nonostante sia la Vigilia di Natale. Tutta la notte passò così, in giro lungo gli argini mentre il livello toccava il picco massimo per poi scendere.
Il livello stava calando, i piani terra delle case nella golena sono sommersi, ma il livello sta scendendo velocemente. Prima era a quel gradino lì, ora è dieci centimetri più basso. Ci chiedono di fare un ultimo controllo sul lato di Arena Metato e se continua così, prima di pranzo possiamo smontare e tornare a casa.
Tutto, agli occhi dei nostri volontari sembra volgere per il meglio, per radio nessuna comunicazione, comincia a far giorno e una delle squadre si sposta sul lato dell’argine che affaccia sul territorio sangiulianese.
A un certo punto si comincia a sentire delle comunicazioni radio, stava succedendo qualcosa. Non riusciamo a capire molto bene ma a un certo punto arriva una comunicazione chiara e precisa. Tutte le squadre convergano al campo sportivo di Nodica. Velocemente ci spostammo verso il campo sportivo, dove c’è il casello idraulico.
Ci dicono che l’argine si stava rompendo, lungo la provinciale tra Nodica e Migliarino. Nel frattempo erano arrivate altri volontari e altri erano in fase di attivazione. Lo scenario si stava profilando nella sua gravità, la mia squadra iniziò a caricare sacchi di sabbia dal magazzino del casello idraulico e iniziammo a consegnarli alle abitazioni vicine alla zona della rottura.
Ad ogni viaggio vedevamo l’acqua salire dentro alle fosse, a un certo punto saliva talmente tanto che, nel lasso di tempo tra portare un sacco e l’altro dal furgone alle case, l’acqua da essere un velo sull’asfalto arrivava già sotto al ginocchio.
Arrivano gli elicotteri per evacuare le abitazioni della zona della bonifica, venivano scaricati al campo sportivo di Migliarino o a quello di Vecchiano. Da lì i nostri pulmini facevano la spola con le scuole, in cui si stavano allestendo dei centri di prima accoglienza in cui le nostre ambulanze stazionavano per prestare assistenza.
Dopo qualche viaggio i sacchi di sabbia erano finiti, l’acqua aveva raggiunto la chiesa di Nodica e li si era fermata. Alcuni di noi montarono sul pianale di un trattore che un contadino aveva messo a disposizione. Girando per la zona allagata di Nodica portammo via alcune persone ancora rimaste nelle loro case. C’è una immagine, una delle poche foto di quell’intervento, di una signora che fu fatta sedere su una sedia e portata a braccia sul pianale. Oltre alla foto penso che quella immagine non si possa scordare.
Sono circa le 16 del giorno di Natale quando ormai la situazione si era, nella sua gravità, stabilizzata. Alcuni dei volontari erano in servizio da tantissime ore e furono tutti portati nella piazza principale di Vecchiano. Fu distribuito un panino e dell’acqua e fu deciso di rimandare a casa quel gruppo che aveva vissuto l’emergenza in prima battuta.
Sul pulmino, finalmente seduti, iniziò a calare la tensione. Arrivati in sede, ognuno prese le proprie auto e tornò a casa. Saranno state le 18, in casa c’era sempre tutta la famiglia invitata. Avevano seguito tutto il giorno i telegiornali e mi chiesero subito come fosse andata. Un breve racconto, una doccia calda e mi stesi dul divano. Ricordo che ero talmente stanco che non riuscivo a muovere né gambe né braccia per alzarmi.
Decine e decine di Volontari stavano operando sul posto e lo avrebbero fatto nei giorni a venire, chi impegnato a riempire e distribuire sacchi di sabbia, chi ha aiutato a evacuare la popolazione, chi ha prestato servizio con i pulmini per portare la popolazione ai centri di accoglienza e chi ha presidiato questi centri con le ambulanze, chi è stato nelle sale operative a coordinare i soccorsi.
Il giorno di Santo Stefano non riuscivo a muovermi, mi facevano male le gambe e le braccia. Non andai di nuovo a Nodica, ci tornai dal 27 e quasi tutti i giorni fino a metà gennaio. Abbiamo preparato decine di migliaia di sacchi di sabbia in vista della piena che ci fu qualche giorno dopo ma che non creò troppi danni se non posticipare il ritorno alla “normalità”. Abbiamo spalato tanto fango, buttato via tanti mobili e tanti oggetti che le famiglie che erano con noi non credevano di poter recuperare. Con i moduli antincendio abbiamo pulito le case.
L’emergenza prese una valenza nazionale, arrivò il Dipartimento di Protezione Civile per coordinare i lavori di ripristino in somma urgenza dell’arginatura, arrivarono squadre di volontari da tutta la regione che ci supportarono nello star vicini ai cittadini e agli amici che avevano avuto danni da questa alluvione.
Sono passati tanti anni ormai, ma ogni volta che passo in quelle strade non posso far a meno di ricordare cosa abbiamo vissuto. Tutto quel che abbiamo fatto ha dato a tutti una forza e l’orgoglio di esserci stati e aver fatto tutto quanto era in nostro potere di fare. Ero tornato da poco da L’Aquila, erano le mie prime emergenze, ma dopo questi anni e tutte le altre esperienze che ho avuto, capisco ancora di più cosa muoveva e muove ancora chi è da più di me che fa il volontario. Sono cose che vanno provate per poter essere capite.
IL LUOGO ESATTO IN CUI E’ AVVENUTA LA ROTTURA DELL’ARGINE